Il mondo alla roversa o sia Le donne che comandano, Venezia, Fenzo, 1757 (Bassano)

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Cortile.
 
 TULIA, CINTIA e AURORA
 
 CORO
 
    Presto, presto, alla catena,
 alla usata servitù.
 
    Non fa scorno, non dà pena
 volontaria schiavitù.
 
 TULIA
5Poiché del viril sesso
 abbiam noi sottomesso il fier orgoglio,
 tener l’abbiamo incatenato al soglio.
 Ma quai credete voi,
 mie fedeli compagne e consigliere,
10fian migliori i progetti,
 gli uomini per tenere a noi soggetti?
 CINTIA
 Questo nemico sesso,
 di natura superbo e orgoglioso,
 scuote e lacera il fren, quand’è pietoso.
15Col rigor, col disprezzo,
 soglion le scaltre donne
 tener gli uomini avvinti e incatenati.
 Se sono innamorati
 tutto soglion soffrire; e quanto sono
20più sprezzanti le donne e più crudeli,
 essi son più pazienti e più fedeli.
 AURORA
 È ver, ma crudeltà consuma amore.
 Io consiglio migliore
 credo sia il lusingarli,
25finger ognor d’amarli,
 accenderli ben bene a poco a poco
 e poi del loro amor prendersi gioco.
 TULIA
 Né troppo crude né pietose troppo
 essere ci convien.
 CINTIA
30Ognun pensi a suo senno; io vuo’ costoro
 aspramente trattar; voglio vederli
 piangere, sospirare,
 fremere, delirare;
 e vuo’ che, doppo lungo
35crudo servire e amaro,
 un leggiero piacer mi paghin caro. (Parte)
 
 SCENA II
 
 TULIA ed AURORA
 
 TULIA
 Aurora, ah non vorrei
 che per troppo voler s’avesse a perdere
 l’acquistato finor dominio nostro.
 AURORA
40Tulia, voi, per dir vero,
 saggiamente parlate e a voi la sorte
 diè sesso feminile
 ma il senno ed il saper più che virile.
 TULIA
 Raguniamo il consiglio.
45Facciam che stabilite
 siano leggi migliori, onde si renda
 impossibile all’uom scuotere il giogo.
 Che se l’uomo ritorna ad esser fiero,
 farà strage crudel del nostro impero. (Parte)
 
 SCENA III
 
 AURORA, poi GRAZIOSINO
 
 AURORA
50Che piacer, che diletto
 puol recar alla donna il fier rigore!
 Il trattar con amore
 gl’uomini a noi soggetti
 soffrir li fa la servitude in pace
55e la femina gode e si compiace.
 Io fra quanti son presi ai lacci nostri
 amo il mio Graziosino,
 amoroso, fedele e semplicino,
 e lo tratto, perché mi adori e apprezzi,
60con soavi parole e dolci vezzi.
 Elà. Venga qui tosto
 Graziosino, lo schiavo a me soggetto.
 Infatti il poveretto
 merita ch’io gli faccia buona ciera,
65se mi serve e mi fa da cameriera.
 Eccolo ch’egli viene. Ehi Graziosino.
 GRAZIOSINO
 Signora.
 AURORA
                   Cosa fate?
 GRAZIOSINO
 Lavoro in fretta in fretta.
 E in tre mesi ho fatt’io mezza calzetta.
 AURORA
70Lasciate il lavorar. Venite qui.
 GRAZIOSINO
 Bene, signora sì.
 AURORA
 Obbedirete sempre i cenni miei?
 GRAZIOSINO
 Io faccio quello che comanda lei.
 AURORA
 Caro il mio Graziosino,
75siete tanto bellino.
 GRAZIOSINO
 Mi fate vergognar.
 AURORA
                                     Vi voglio bene.
 E vederete del mio amore il frutto.
 GRAZIOSINO
 Queste parole mi consolan tutto.
 AURORA
 Baciatemi la mano.
 GRAZIOSINO
                                      Gnora sì.
 AURORA
80Perché voi mi piacete,
 vi fo queste finezze.
 GRAZIOSINO
 Oh benedette sian le mie bellezze!
 AURORA
 Ma vuo’ che siate attento
 a servirmi qualora vi comando.
85La mattina per tempo
 mi recherete il cioccolato al letto;
 mi scalderete i panni;
 mi dovrette allestir la tavoletta;
 starette in anticamera aspettando
90per entrar il comando;
 e se verranno visite a trovarmi
 voi dovrete avisarmi
 e come fanno i buoni servitori
 voi dovrete aspettar e star di fuori.
 GRAZIOSINO
95Di fuori?
 AURORA
                    Vi s’intende.
 GRAZIOSINO
 E dentro?
 AURORA
                      Signor no,
 aspettar voi dovrete.
 GRAZIOSINO
                                        Aspetterò.
 AURORA
 Se farete così vi vorrò bene.
 GRAZIOSINO
 Sì cara, farò tutto.
100Farò la cameriera;
 farò la cuciniera;
 farò tutte le cose più triviali;
 laverò le scudele e gli orinali.
 AURORA
 In cose tanto abiette
105impiegarvi non vuo’. Voi siete alfine
 il mio caro, il mio bello,
 il mio amor tenerello,
 il mio fedele amato Graziosino,
 tanto caro al mio cor, tanto bellino.
 
110   Quegl’occhietti sì furbetti
 m’hanno fatta innamorar;
 quel bocchino piccinino
 mi fa sempre sospirar;
 
    caro il mio bene,
115dolce mia speme,
 sempre sempre
 ti voglio amar.
 
 SCENA IV
 
 GRAZIOSINO solo
 
 GRAZIOSINO
 Oh che gusto, oh che gusto! Ah che mi sento
 andar per il contento il cor in brodo.
120Graziosin fortunato! Oh quanto io godo!
 Non si può dar nel mondo
 piacer che sia maggiore
 d’un corrisposto amore. Aman le belve,
 amano i sordi pesci, aman gli augelli,
125le pecore e gli agnelli,
 amano i cani e i gatti
 e quei che amar non san son tutti matti.
 
    Quando gli augelli cantano,
 amor li fa cantar;
130e quando i pesci guizzano,
 amor li fa guizzar;
 
    la pecora, la tortora,
 la passera, la lodola
 amor fa giubilar.
135Oh che piacer amabile!
 Oh che gustoso amar!
 
 SCENA V
 
 Camera.
 
 GIACINTO collo specchio in mano guardandosi con caricatura
 
 GIACINTO
 
    Madre natura,
 tu m’hai tradito
 ma t’ho schernito
140col farmi bello
 con il pennello,
 come le donne
 sogliono far.
 
 Questa parrucca invero,
145questo capel, che colla polve è intriso,
 fa risaltar mirabilmente il viso.
 Ecco la vaga Cintia. Presto, presto,
 il nastro, la parrucca, i guanti, tutto,
 tutto assetar conviene e gli occhi e il labro,
150colle dolci parole e i dolci sguardi,
 si prepari a vibrar saette e dardi.
 CINTIA
 (Ecco il bell’amorino). (Ironicamente)
 GIACINTO
 Mia sovrana, mio nume, a voi m’inchino.
 CINTIA
 E ben, che fate qui?
 GIACINTO
                                       Qual farfalletta
155d’intorno al vostro lume
 vengo, mia bella, a incenerir le piume.
 CINTIA
 Parmi con più ragione
 vi potreste chiamare un farfallone.
 GIACINTO
 Quella vezzosa bocca
160non pronuncia che grazie e bizzarie.
 CINTIA
 La vostra non sa dir che scioccherie.
 GIACINTO
 Deh lasciate ch’io possa
 coll’odoroso fiato
 de’ miei caldi sospiri
165quelle belle incensar guancie adorate.
 CINTIA
 Andate via di qua; non mi seccate.
 GIACINTO
 Ah, se sdegnate, o bella,
 i fumi del mio cor, porterò altrove
 il mio guardo, il mio piede,
170il mio affetto sincero e la mia fede.
 CINTIA
 Fermatevi; ed avrete
 tanto cor di lasciarmi;
 voi diceste d’amarmi,
 di servirmi fedel con tutto il core
175ed ora mi lasciate? Ah traditore!
 GIACINTO
 Ma se voi mi sprezzate,
 se voi mi dilegiate,
 come s’io fossi un uom zottico e vile
 e studio invan di comparir gentile.
 CINTIA
180Senza studiar, voi siete
 abbastanza gentil, grazioso e bello.
 Quell’occhio briconcello,
 quel vezzoso bocchin, quel bel visetto
 m’hanno fatta una piaga in mezzo al petto.
 GIACINTO
185Dunque, cara, mi amate.
 CINTIA
                                                Sì, v’adoro.
 GIACINTO
 Idol mio, mio tesoro,
 lingua non ho bastante
 per render grazie al vostro dolce amore;
 concedete il favore
190che rispettosamente
 e umilissimamente
 io vi possa baciar la bella mano.
 CINTIA
 Oh signor no; voi lo sperate invano.
 GIACINTO
 Ma perché mai? Perché?
 CINTIA
195Queste grazie da me
 non si han sì facilmente.
 GIACINTO
 Io morirò.
 CINTIA
                      Non me n’importa niente.
 GIACINTO
 Dunque, se non v’importa,
 d’altra bella sarò.
 CINTIA
                                  Voi siete mio.
 GIACINTO
200Che ne volete far?
 CINTIA
                                    Quel che vogl’io.
 GIACINTO
 Ah quel dolce rigor più m’incatena.
 Soffrirò la mia pena,
 morirò, schiatterò, se lo bramate.
 Basta, bell’idol mio, che voi mi amate.
 
205   Aprimi il seno,
 svelami il core,
 tutto d’amore
 mi strugerò.
 
    Basta che m’ami
210siegui a spressarmi,
 torna a insultarmi,
 sempre fedele
 t’adorerò.
 
 SCENA VI
 
 CINTIA, poi TULIA
 
 CINTIA
 Oh quanto mi fan ridere
215con questo sospirar, con questo piangere.
 Gli uomini non s’avvegono
 che quanto più le pregano
 le donne insuperbite più diventano
 e gli amanti per gioco allor tormentano.
 TULIA
220Cintia, che mai faceste
 al povero Giacinto? Egli sospira.
 Egli smania e delira;
 eh, se così farete,
 l’impero di quel cor voi perderete.
 CINTIA
225Anzi più facilmente
 lo perderei colla pietade e i vezzi.
 Gl’uomini sono avvezzi
 per la soverchia nostra
 facilità del sesso
230a saziarsi di tutto e cambiar spesso.
 
    Se gli uomini sospirano,
 che cosa importa a me?
 Che pianghino, che crepino
 ma vuo’ che stiano lì.
235Anch’essi se potessero
 con noi farian così.
 
 SCENA VII
 
 TULIA e poi RINALDINO
 
 TULIA
 Ma io, per dir il vero,
 sono di cor più tenero di lei,
 son con gli amanti miei
240quanto basta severa e orgogliosa;
 ma son, quando fia d’uopo, anco pietosa.
 RINALDINO
 Tulia, bell’idol mio,
 de’ vostri servi il più fedel son io.
 Deh oziosa non lasciate
245la mia fede, il mio zelo,
 che sol quando per voi, bella, m’adopro,
 felicità nel mio destino io scopro.
 TULIA
 Dite il ver Rinaldo,
 siete pentito ancor d’avervi reso
250suddito e servo mio? Vi pesa e incresce
 della smarrita libertà primiera?
 Sembravi la catena aspra e severa?
 RINALDINO
 Oh dolcissimi nodi,
 sospirati, voluti e cari sempre
255al mio tenero cor! Sudino pure
 sotto l’elmo i guerrieri; Astrea tormenti
 i seguaci del foro; e di Galeno
 sui fogli malintesi
 studi e s’affanni il fisico impostore.
260Io seguace d’amore,
 fuor della turba insana
 di chi mena sua vita in duri stenti,
 godo, vostra mercé, pace e contenti.
 TULIA
 Noi con pietà trattiamo
265i vassalli ed i servi e non crudeli
 siamo coll’uom, qual colla donna è l’uomo.
 Ma nostra autorità, nostro rigore
 temprerà dolce amore.
 Ed il vostro servir, che non fia grave,
270sarà grato per noi, per voi soave.
 
    Ma se non posso
 donarti il core,
 perché d’amore
 pennar per me?
 
275   A un bel sembiante
 che alletta e piace
 io serbo fé.
 
 SCENA VIII
 
 RINALDINO solo
 
 RINALDINO
 Dov’è, dov’è chi dice
 che dura ed aspra sia
280d’amor la prigionia? Finché un amante
 vive dubbioso e incerto
 fra il dovere e l’amor, fra il dolce e il giusto,
 pace intera non ha ma poiché tutto
 s’abbandona al piacer gode e non sente
285i rimorsi del cor... Ma oh dio! Purtroppo
 li risento al mio sen, malgrado al cieco
 abbandono di me fatto al diletto,
 e mi sgrida l’onore, a mio dispetto.
 Ah! Che farò? Si studi,
290se possibile sia, scacciar dal cuore
 il residuo fatal del mio rossore.
 
    Gioie care, un cor dubioso
 inondate di piacer
 e trionfi un bel goder
295dileguando il mio timor.
 
 SCENA IX
 
 GIACINTO ed AURORA
 
 GIACINTO
 Oh Diana mia gentil.
 AURORA
                                         Vago Ateone!
 GIACINTO
 Piacemi il paragone,
 poiché son vostro amante e vostro servo,
 ma ohimè, Ateone è divenuto un cervo!
 AURORA
300Io crudele non son qual fu la dea.
 GIACINTO
 Né io sarò immodesto,
 qual fu il pastor dolente.
 AURORA
 Siete bello e prudente.
 GIACINTO
 Tutta vostra bontà.
 AURORA
305Giacinto, in verità
 voi mi piacete assai.
 GIACINTO
 Arder tutto mi sento ai vostri rai.
 
 SCENA X
 
 CINTIA e detti
 
 CINTIA
 (Con Aurora Giacinto?)
 AURORA
 Ma voi di Cintia siete.
 GIACINTO
310Più di lei mi piacete.
 Parmi che il vostro bello
 mi renda assai più snello,
 miratemi nel volto, a poco a poco
 come per vostro amor son tutto foco.
 CINTIA
315Acqua, acqua, padrone, acqua vi vuole
 il foco ad ammorzar.
 GIACINTO
                                        Oh Cintia mia,
 ardo d’amor per voi.
 CINTIA
 Ingannarmi non puoi,
 ho le parole tue tutte ascoltate.
 GIACINTO
320Deh mia vita...
 CINTIA
                              E saranno bastonate.
 GIACINTO
 Bastonate a un par mio? Deh Aurora, a voi
 l’onor mio raccomando.
 AURORA
 Siete schiavo di Cintia, io non comando.
 CINTIA
 E voi, gentil signora,
325vi dilettate di rapire altrui
 il vassallo e l’amante?
 AURORA
 Faccio quello ancor io che fanno tante.
 CINTIA
 Ma con me nol farete.
 AURORA
                                          Allor che sappia
 di darvi gelosia,
330voi dovrete tremar dell’arte mia.
 CINTIA
 Distrutto in questa guisa
 nostro impero sarà.
 AURORA
                                       Poco m’importa.
 Pria che ceder al vostro
 fasto superbo e altero,
335vada tutto sossopra il nostro impero.
 CINTIA
 Giacinto, andiam.
 GIACINTO
                                    Vengo.
 AURORA
                                                   Crudel, voi dunque
 mi lasciate così?
 GIACINTO
                                 Ma se conviene...
 CINTIA
 Si viene o non si viene?
 GIACINTO
                                              Eccomi lesto.
 AURORA
 Morirò, se partite.
 GIACINTO
                                    Eccomi, io resto.
 CINTIA
 
340   Venite o ch’io vi faccio
 provare il mio furor.
 
 AURORA
 
    Ingrato crudelaccio,
 voi mi strappate il cor.
 
 GIACINTO
 
    (Mi trovo nell’impaccio
345fra amore e fra timor).
 
 CINTIA
 
    Voi siete il servo mio.
 
 GIACINTO
 
 È vero, sì signora.
 
 AURORA
 
 Amante vi son io.
 
 GIACINTO
 
 Anco il mio cor v’adora.
 
 CINTIA
 
350Voglio esser obbedita.
 
 GIACINTO
 
 Ed io v’obbedirò.
 
 AURORA
 
 Non merto esser tradita.
 
 GIACINTO
 
 Io non vi tradirò.
 
 CINTIA. AURORA A DUE
 
    E ben che risolvete?
 
 GIACINTO
 
355Mie belle, se volete,
 io mi dividerò.
 Contente voi sarete,
 non dubitate no.
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
    Di qua non vi partite,
360adesso tornerò.
 
 GIACINTO
 
    Contente voi sarete,
 non dubitate no.
 
    Quest’è un imbroglio;
 no, più non voglio
365farmi sì bello.
 Perde il cervelo
 chi mi rimira.
 Ognun sospira
 per mia beltà.
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
370   Ecco ritorno,
 eccomi qua.
 
 GIACINTO
 
    Belle mie stelle
 chiedo pietà.
 
 AURORA
 
    Questo è il mio core (Gli presenta un core)
375per voi piagato.
 
 CINTIA
 
 Questo è un bastone (Gli mostra un bastone)
 per voi serbato.
 
 GIACINTO
 
 Son imbrogliato.
 
 AURORA
 
 Se lo bramate,
380ve lo darò.
 
 CINTIA
 
 Di bastonate
 v’accoperò.
 
 GIACINTO
 
    (L’una: «Ti dono»,
 l’altra: «Bastono»;
385quella il furore,
 questa l’amore,
 cosa farò?)
 
 CINTIA, AURORA A DUE
 
 Via risolvete.
 
 GIACINTO
 
 Risolverò.
 
390   La vostra tirannia
 piacere non mi dà.
 La vostra cortesia
 contento più mi fa.
 
 AURORA
 
    Venite dunque meco.
 
 GIACINTO
 
395Con voi mi porterò.
 
 CINTIA
 
    Bricon, se parti seco
 io ti bastonerò.
 
 GIACINTO
 
    Da voi le bastonate,
 da lei gli amplessi avrò.
 
 CINTIA
 
400   Indegno, scelerato,
 io mi vendicherò.
 
 GIACINTO
 
    (Gridate, strepitate).
 
 AURORA
 
 (Intanto goderò).
 
 Fine dell’atto primo